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“Anche senza i soldi di Roma, le Università vanno avanti.” Nasce il Competence Centre del Nordest

Sono nove le università che lo scorso settembre hanno sottoscritto a Padova l’intesa per la nascita del Competence Centre del Nordest. Nell’attesa che il governo emani i decreti attuativi, gli atenei hanno deciso di partire comunque, grazie a fondi messi a disposizione dalla Regione Veneto.


Sono nove le università che lo scorso settembre hanno sottoscritto a Padova l’intesa per la nascita del Competence Centre del Nordest: Padova (la capofila); Venezia Ca’ Foscari; Verona; Iuav; Trento; Bolzano; Udine; Trieste e la Sissa, la scuola internazionale di studi superiori del capoluogo giuliano.

Un risultato eccezionale, che ha sancito ufficialmente la fine dell’epoca dei campanilismi e delle frammentazioni, ottenuto grazie ad un lavoro condotto su più livelli: tra gli atenei, tra le Confindustrie delle tre regioni e con le imprese.

Ma ancora oggi, a distanza di mesi, mancano i decreti attuativi del Governo per mettere in moto il progetto dei Competence Centre. E c’è chi, stanco di aspettare, ha deciso di partire comunque.

Ne parliamo con il prof. Fabrizio Dughiero, Prorettore al Trasferimento Tecnologico dell’Università di Padova.

Professore, mancano i decreti attuativi del Governo anche se in molti dicono sia questione di poche settimane, forse giorni. Il bando in uscita premierà pochi, selezionatissimi atenei che diventeranno Competence Centre nazionali. Il polo universitario del Nordest ci sarà? L’Università di Padova giocherà un ruolo significativo?

DughieroSì, il polo delle Università delle Venezie sarà uno dei competence centre nazionali, come già anticipato dal Ministro Calenda in persona in diverse occasioni pubbliche. Quello che ancora manca, e che sconta un notevole ritardo rispetto ai piani iniziali, sono i decreti attuativi e le linee guida per la costituzione dei Competence Centre.

Il ministero deve pubblicare i bandi affinché le università possano presentare i loro piani industriali, indispensabili per allocare le risorse centrali, circa 30 milioni di euro su scala nazionale.

Alla base del progetto del Governo c’è il desiderio di promuovere la specializzazione e di lasciare che ogni Competence Centre si focalizzi su tecnologie specifiche. Il Polo del Triveneto in quali ambiti si specializzerà?

Ogni Competence Centre si occuperà di specifiche tecnologie abilitanti, come definite nel Piano Industria 4.0.

Il nostro Polo si specializzerà nelle tecnologie cosiddette “SMACT”, acronimo che sta per “Social, Mobile, Analytics, Cloud e internet of Things”, che verranno però declinate sulle quattro aree industriali di maggior importanza per il Nordest, le cosiddette “quattro A”: abbigliamento, arredamento, automazione e agrifood.

Nella migliore tradizione veneta, le nostre università si sono stancate di aspettare Roma ed hanno deciso di andare avanti comunque, cogliendo invece un’opportunità offerta dalla Regione e finanziata con fondi FSE. Di cosa si tratta? Sarà questa la prima occasione per vedere il debutto informale del primo Competence Centre nazionale?

È proprio così. La Regione del Veneto ha recepito la nostra impazienza ed il desiderio di mettersi all’opera, ed ha deciso di destinare una parte dei fondi FSE disponibili proprio alla sperimentazione ed all’avvio delle attività del Competence Centre del Nordest.

Sono stati quindi finanziati due progetti che prevedono l’assunzione di 5-6 assegnisti di ricerca che lavoreranno in collaborazione con le università e con alcune aziende venete: il primo con Padova capofila ed in collaborazione con gli atenei di Verona e Trento si focalizzerà sui temi dell’automazione e dell’agrifood; il secondo guidato invece da Venezia in collaborazione con  IUAV, Trieste ed Udine, si occuperà di abbigliamento e arredamento.

Voglio sottolineare come si sia davvero davanti alla fine delle rivalità territoriali e dei campanilismi: anche la Regione del Veneto non ha avuto alcun problema ad ammettere al progetto università non venete, presso le quali gli assegnisti svolgeranno parte del loro lavoro.

I progetti che ho appena descritto partiranno a settembre ma già nei prossimi mesi come Università di Padova avvieremo una serie di percorsi di formazione per le aziende sui temi del Piano Industria 4.0 e delle tecnologie abilitanti.

Un’ultima domanda, molto pratica. Dall’esterno potrebbe sembrare si tratti di una partita di fondi e finanziamenti giocata tra Governo, Ministeri ed Università italiane. Ma dal Piano Industria 4.0, dai Competence Centre e dai Digital Innovation Hubs cosa guadagnano le imprese? Cosa c’è sul piatto per le nostre tante (e spesso trascurate) PMI?

C’è molto sul piatto per le aziende.

Il Governo ha già attivato diversi strumenti operativi per le aziende, dal super ammortamento al 140% per gli investimenti in beni strumentali all’iper ammortamento al 250% per gli investimenti in innovazione e sviluppo, passando per il credito di imposta sugli investimenti in ricerca del 50%, e molto altro.

Inoltre il Piano Industria 4.0 prevede che le aziende possano usare le Università come vere e proprie “palestre” per scendere in campo e mettere alla prova le nuovissime tecnologie abilitanti con “live demo” nei nostri laboratori.

Questo permetterà alle aziende di vedere le tecnologie 4.0 all’opera, capire come funzionano, migliorarle ed adattarle ai bisogni dell’impresa, prima di portarle in azienda una volta che queste abbiano raggiunto la maturità tecnologica.

Grazie professore, e a risentirci.